Un libro scritto “dopo 40 anni di studi, 3 di stesura e 3 mesi di editing (ci dice l’autore), ho cercato di comunicare
al lettore le emozioni, le intuizioni e le visioni che Pasolini mi ha regalato e sono certo che regalerà anche a voi”, che ci rivela uno spessore critico ed eretico del nostro poeta di tutto rispetto.
Ne hanno parlato:
*“Ma la continuità è dovuta al persistere dell’oxymoron, cioè a definire le
cose per opposizione
si può affermare che Pasolini vive storicamente per accumulazione, e che il
suo conoscere, non dialettico,
è dovuto all’eterna coesistenza degli opposti
l’attualità del libro
sussiste unicamente in una esplosione (più o mene generosa, più o meno
felice ) di vitalità”
P.P.Pasolini
* Il Portico della Morte, Garzanti, 1988, pag. 284.
Donato Di Poce
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“Pasolini è stato a mio avviso un ossimoro vivente e la sua più grande lezione è forse proprio questa cercare la verità e la vita negli opposti, contemplare tutti i mondi, accogliere e accettare gli opposti, infatti adorava Ungaretti e Sandro Penna ma apprezzava anche un certo Montale, scriveva poesie ma faceva anche film, adorava viaggiare ma anche starsene per giorni in un mutismo creativo, era marxista ma inseguiva la religione. L’errore e la cattiveria degli esegeti e recensori è stata quella di scambiare per “doppiezza” questa sua molteplicità espressiva, questo suo accogliere gli opposti, hanno scambiato per irriverenza alla realtà le sue critiche alla realtà violenta che vedeva e viveva sulla propria pelle, ha scambiato per eclettismo sperimentale la sua “disperata vitalità”. In questi tempi di paura e di contraddizioni, di violenze e di pandemia Pasolini ci avrebbe detto che l’Uomo è sia il virus contagioso che l’antidoto salvavita, che ci si salva con la solidarietà e con l’amore, che l’uomo è una zattera che naviga verso il futuro tra petrolio e inchiostro, di saper ascoltare anche il miagolio dei gatti del Colosseo e di essere “disgraziati e forti fratelli dei cani”
Non abbiamo ancora fatto i conti con P.P. Pasolini o meglio abbiamo fatto scempio del suoi tre corpi quello fisico, quello mentale e quello poetico. Tre corpi controcorrente che davano fastidio perché troppo autonomi e troppo liberi, e trasversali in contaminazione con altri due corpi, quello sociale e quello poetico cosmico. Decine di studiosi, critici, giornalisti e poeti hanno di volta in volta usato , citato e stuprato Pasolini mettendone in rilievo più gli aspetti mediatici e politici che non quelli emozionali, poetici e corsari di un uomo in rivolta con il mondo, un uomo che il mondo voleva migliorarlo denunciandone le contraddizioni e i limiti, e praticando sottotraccia una rivoluzione estetica e linguistica. Personalmente la statura culturale, umana e letteraria di Pasolini è immensa e sarebbero bastato “Le ceneri di Gramsci” con la sua contaminazione di realtà e terza rima dantesca a decretarne l’immensa grandezza, invece è arrivata la vita di Pasolini con le sue opere, film, polemiche civili, giornalistiche e letterarie e poi l’assassinio di Pasolini con tutto il suo strascico di polemiche e intermittenti Lampi di verità. I libri e le letture di Pasolini sono state una delle mie costanti negli anni, e grazie anche ai consigli di Roberto Roversi che ci esortava a “leggere” Pasolini nella sua totalità ne ho scoperto di volta in volta aspetti e rifrazioni, sfaccettature e profondità, chiaroveggenze,
contraddizioni e visioni. Personalmente mi hanno sempre colpito la sua lucidità di analisi e di letture corsare, sia sociali che letterarie, si perché Pasolini è stato un grande “lettore” e forse uno dei nostri maggiori critici letterari prima
ancora che poeta, ma la cosa più bella che trasmette sia nelle critiche letterarie che nel giornalismo culturale degli scritti sul Corriere della Sera, Tempo, e Vie Nuove, vera poesia . E qui arriviamo a toccare il terzo corpo di Pasolini quello poetico, anzi
direi il corpo cosmico/ossimorico di Pasolini, il più vitale, il più toccante e attuale che lo scempio morale che è stato fatto di lui
screditandolo, umiliandolo, isolandolo politicamente e culturalmente(altro che torre d’avorio degli ultimi anni della sua vita), non che Lui non ne fosse cosciente, infatti scriveva sul Corriere della Sera” perché come sanno bene gli avvocati, bisogna screditare senza pietà tutta la persona del testimone per screditare la sua testimonianza”. Ebbene a Pasolini non veniva perdonato proprio il fatto che non si accontentava di essere testimone del proprio tempo ma di esserne un protagonista corsaro e poetico, impavido, lucido e irriverente, capace di andare oltre se stesso, contraddirsi, attaccare il vecchio P.C. I. , scoprire un artista come Scialoja e polemizzare con Calvino, e persino di scrivere recensioni a se stesso(celebre la sua “Pasolini recensisce Pasolini” in Il Portico della morte, in cui ci dà una lezione di critica e metacritica difendendo e sottolineando la svolta linguisti/poetica del suo
libro TRASUMANAR E ORGANIZZAR. A un certo punto scrive”
Insomma tutto il libro è pervaso ossessivamente dall’idea metalinguistica di sé. Ma proprio nel momento in cui Pasolini si fa più volontariamente letterario, ecco che egli può concedersi uno “sprezzo” per la letteratura mai avuto finora”
Dall’Introduzione dell’autore: L’ossimoro vivente e corsaro del nostro tempo
Il poeta vede l'invisibile il fotografo fornisce le prove
Milano
Italia
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